domenica 22 aprile 2018

La dialettica

Per Platone la dialettica è la "regina della scienza" e la "tecnica propria della filosofia". la dialettica ha il compito di ricostruire la trama delle possibili connessioni tra le idee e di comprendere e contemplare l'articolazione del mondo ideale. Inoltre è la scienza degli uomini liberi, di coloro che non hanno altra finalità che la conoscenza e si identifica con la stessa filosofia. Il termine dialettica allude all'arte del dialogo. Nel dialogo filosofico si pongono domande e risposte con l'intenzione di giungere a stabilire quale sia l'essenza delle cose (amore, coraggio..)
Nel Fedro Platone afferma che la dialettica è caratterizzata da un movimento di sintesi e analisi
  • la sintesi: consiste nella determinazione e definizione di una certa idea quale elemento unificatore di una molteplicità di cose 
 
  • l'analisi: consiste nella divisione delle idee nelle sue varie articolazioni interne
I gradi del conoscere

Platone nel celebre dialogo 'Repubblica' paragona la conoscenza a una linea spezzata in due segmenti, i quali vengono a loro volta divisi in altri due segmenti. Risultano così quattro gradi del sapere, cui corrispondono quattro gradi della realtà.
  • la conoscenza sensibile rispecchia il mondo sensibile e comprende due livelli:
  1. la congettura o immaginazione, che ha per oggetto le ombre, ossia le supposizioni prive di fondamento reale
  2. la credenza, che ha come oggetto le stesse cose sensibili e gli esseri viventi

  • la conoscenza razionale rispecchia invece il mondo immutabile e perfetto delle idee e comprende anch'essa due livelli: 
  1. la ragione scientifica e discorsiva, che ha come oggetto gli enti matematici (figure, proporzioni e numeri)
  2. l'intelligenza filosofica ha come oggetto le idee immorali ossia le idee-valori.

le persone comuni si fermano solitamente ai primi due gradi della conoscenza, cioè al livello dell'opinione. I matematici riescono ad accedere alla ragione scientifica, ma soltanto i sapienti possono giungere alla vera conoscenza (la noesis)

sabato 7 aprile 2018

Il mito della nascita di Eros

Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com’è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molta ambrosia e, un po’ ubriaco, se ne andò nel giardino e si addormentò. Penìa, meditando nella sua povertà di avere un figlio da Poros, si sdraiò al suo fianco e concepì di Eros. Ecco perché Eros è seguace di Afrodite ed è suo servitore: concepito durante la festa per la nascita della dea. Eros è per natura amante della bellezza, e Afrodite è bella. Proprio perché figlio di Poros e di Penìa, Eros si trova nella condizione che dicevo: innanzitutto è sempre povero e non è affatto delicato e bello come si crede di solito. Al contrario è rude, va a piedi nudi, è senza casa, dorme sempre sulla nuda terra sotto le stelle, per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre ed il bisogno l’accompagna sempre.
 
 
Il mito di Theuth

Il mito di Theuth è presente nel Fedro di Platone. Sul finire del dialogo, Platone affronta il problema del discorso scritto e, più precisamente, della differenza che intercorre tra conoscenza e sapienza. Appare interessante notare che, nonostante l'autore approdi - come vedremo - a un giudizio negativo sulla scrittura, il filosofo delle Idee abbia sempre utilizzato la forma scritta per veicolare le sue tesi filosofiche.
Socrate racconta che Theuth, l'ingegnosa divinità egizia, si recò presso re Thamus, allora sovrano dell'Egitto, per sottoporgli le proprie invenzioni, consigliandogli di diffonderle presso il suo popolo, che ne avrebbe tratto grande giovamento. Le svariate arti che la divinità proponeva al re ricevevano molti commenti da parte di quest'ultimo, che o lodava o criticava le stesse. Quando Theuth propose a Thamus l'arte della scrittura, la divinità si espresse con queste parole:

« Questa conoscenza, o re, renderà gli egiziani più sapienti e più capaci di ricordare, perché con essa si è ritrovato il farmaco della memoria e della sapienza »

Il mito della caverna

 Il mito della caverna è il riassunto della filosofia platonica in quanto assume un forte significato in tutti gli ambiti: differenza tra mondo sensibile e iperuranio; missione del filosofo; idea di bene che sovrasta tutte le altre idee.
Ci sono dei prigionieri che hanno sempre vissuto in una caverna sul cui fondo sono legati in modo da non potersi voltare. Fuori dalla caverna c’è un muro ad altezza uomo dietro al quale camminano persone che portano sulla testa statuette raffiguranti oggetti di vario genere, queste persone parlano e il loro eco rimbomba nella caverna. Dietro questi individui vi è un fuoco intenso che proietta nella parete della grotta davanti agli uomini legati le immagini degli oggetti. 

Non avendo potuto vedere nient’altro, i prigionieri, osservando le ombre, pensano che questa sia la realtà. Uno di loro, però, si libera e si volta; vede perciò le statuette e si accorge che sono più reali delle ombre; poi esce dalla grotta, oltrepassa il muro e inizialmente è accecato dalla luce del sole. Poi si guarda intorno e vede “il mondo della natura” e nota che tutto è più vero degli oggetti che sono proiettati. Dopo essersi chiesto da dove proveniva la luce, si accorge che è IL SOLE CHE DA’ SIGNIFICATO A TUTTO, in quanto per Platone rappresenta l’idea del bene-bello.
A questo racconto sono stati attribuiti tre significati:
Ontologico: nel mito sono descritti i generi dell’essere; due per il sensibile, due per l’ intelligibile; il muro è lo spartiacque. Le ombre rappresentano le ombre che immaginiamo. Le statuette gli oggetti sensibili veri e propri. Gli oggetti della natura che l’uomo vede una volta valicato il muro sono gli oggetti matematici. Il sole l’idea del bene-bello. Il prigioniero che si libera passa da una conoscenza sensibile a una intelligibile, poiché arriva al sole e quindi alle idee.
Gnoseologico: la visione delle ombre rappresenta l’immaginazione. La visione delle statuette l’opinione, la credenza. La visione degli oggetti della natura (matematici) rappresenta la conoscenza mediana e quella del sole la pura intellezione, perciò solo il filosofo può arrivare al bene-bello. 
Teologico: la vita della caverna è quella di chi si basa sui sensi. La vita di chi riesce a liberarsi è quella di chi valorizza l’anima e quindi cura la dimensione interiore. La vita nella caverna è più facile ma non porta alla vera conoscenza mentre quella fuori, più difficile, conduce all’idea del bene-bello, perciò ad una valenza divina.  

Il mito di Er

Er è un soldato morto in battaglia che poi resuscita e racconta ciò che aveva visto mentre era morto. Racconta che la sua anima era stata messa in un prato al cui centro vi era una Parca che nel grembo aveva i destini di tutti gli uomini, che erano con lui sul prato. Agli uomini vengono gettai a caso dei numeri e a seconda del numero che il caso aveva affidato agli uomini, le persone avevano il diritto di scegliersi il destino: il numero uno ha il diritto di scegliere per primo il suo destino e così via, tutta via anche l'ultimo uomo potrà scegliere perché i destini sono superiori alla anime.
con questo mito Platone vuole sottolineare i fatto che sono le anime a scegliere il loro destino vuole dire che l'uomo è libero ed artefice del proprio destino, Questo mito in particolare simboleggia la libertà che ha l'uomo.


Il mito del carro e dell'auriga

Nel Fedro compare il mito del carro alato. Un dialogo massimamente dedicato all' Immortalità dell'anima illustra l'incarnazione. L'anima è raffigurata come un cocchio su cui si trova un auriga che governa una coppia di cavalli alati. L'anima viene guidata al seguito degli dei, nella regione che è la sede dell'essere, cioè della vera sostanza (ousia). Tale sostanza non è altro che il mondo delle idee, descritto come un'essenza contemplabile solo dall'intelletto. Ogni anima vuole attingere ciò che le è proprio, contemplando la verità, di cui si nutre e gode. I due cavalli sono in perenne conflitto tra loro in quanto uno, il cavallo bianco, è buono e di razza l'altro, il cavallo nero, no: il primo è simbolo delle energie psichiche, della forza d'animo e tende a rimanere nel mondo delle idee; il secondo è simbolo dei desideri e cerca di spingere l'auriga verso il mondo sensibile, verso l'incarnazione. L'auriga è simbolo della ragione che ha il compito di tenere a freno le passioni e di bilanciare l'impeto del cavallo nero. Quando non ci riesce, l'anima dal cielo precipita su questa terra, s'incarna in un corpo e così perde la visione delle essenze.
Nel Fedro viene descritto il concetto di amore platonico, ossia un amore sublime, non legato alla dimensione sessuale e alla dimensione passionale. Si tratta di un amore puro, che conduce la conoscenza verso l'assoluto.

Nel Fedro Platone descrive una delle quattro prove che fornisce dell'immortalità dell'anima, argomentazioni che testimoniano l'influenza dei pitagorici.
1-prova dei contrari: richiamo la filosofia di Eraclito, l'idea dei contrari che alimenta continuamente la vita fa sì che tutto muoia nel fenomeno che chiamiamo morte ma in realtà dalla morte scaturisce la vita pensando che solo il corpo sia coinvolto in questo meccanismo e l'anima n'è esclusa con la morte termina solo la vita del corpo mentre per l'anima è una liberazione.
2-prova della reminiscenza: (un po' quella del Menone). Si pone il problema di quando siano state fissate le idee. Quindi l'anima si mantiene dopo la morte del corpo stesso. L'anima è superiore nei confronti del corpo.
3- prova dell'analogia dell'anima con le idee:tutto ciò che è visibile all'occhio fisico è soggetto a decadimento, le idee invece, oggetto di una visione intellettuale, sono perfette immutabili, immortali. L'anima essendo partecipe della natura delle idee è immortale.
4- prova che parla delle anime come principio di vitalità: ogni cosa esistente trova il suo principio di vita nell'anima. Se l'anima è principio di vitalità non può tradursi nel suo contrario, quindi l'idea della morte dell'anima significherebbe non accettare la vita.

La logica Aristotelica Insoddisfatto del “dialogo” usato come sistema di filosofare dal suo maestro Platone, Aristotele osserva che nel di...