sabato 30 dicembre 2017

Democrito
 
Democrito, di Abdera, vuole risolvere il conflitto tra dottrine di mutamento e dottrine di permanenza elaborando una visione materiale dell'universo, che terrebbe insieme mutamento e permanenza.
Egli riteneva elementi originari dell'universo gli ATOMI, particelle minime ed indivisibili di materia di cui tutte le cose sono costituite.
Particelle infinite ed identiche tra loro ma diverse in forma e dimensioni, che grazie alla loro aggregazione e disgregazione determinano la nascita e la morte di tutte le cose. 
Gli atomi possono aggregarsi in differenti modi e grazie a questo creare cose diverse e mutevoli.

 
Essi sono elementi semplici, indivisibili, ingenerati ed eterni, uniformi, immutabili.
Democrito oltre a riconoscere l'atomo e quindi l'essere, doveva riconoscere il non essere; determinato secondo lui dal nulla assoluto.
La concezione del mondo di Democrito è:
  • meccanicistica, in quanto spiega tutti i fenomeni mediante processi fisici.
  • deterministica, poiché tutto ciò che accade nell'universo è dato da una causa.
  • materialistica, perché non ammette nessuna realtà se non la materia.
  • atea, esclude ogni ipotesi di Dio.

Inoltre denutrito suddivide il metodo scientifico in tre momenti distinti:
  • la conoscenza sensibile, conduci cogliamo le cose cosi come ci appaiono.
  • l'elaborazione intellettuale dei dati dell'esperienza.
  • la formulazione di una legge che spiega i fenomeni in modo razionale.

 Secondo le teorie di Democrito esistono una conoscenza "oscura" e una "genuina": la prima è quella della conoscenza sensibile, la seconda è quella assumiamo grazie all'intelletto.

Restando in tema con la sua ipotesi, Democrito delinea anche una storia naturale dell'umanità, secondo la quale all'origine della vita c'è l'acqua, 
secondo cui il linguaggio ha una natura convenzionalista a e che quindi è frutto di un accordo tra gli uomini sulle parole da utilizzare per designare le cose.

 

venerdì 1 dicembre 2017

Anassagora e la teoria dei semi

  • semi : particelle piccolissime e invisibili di materia che danno origine a tutte le cose visibili.
  •   queste differiscono per la qualità: sono infinitamente divisibili e infinite in quantità e numero.
  • Anassagora afferma che: tutto è in tutto in ogni cosa troviamo semi di ogni altra cosa.
 
  • Se quando mangiamo pane e beviamo acqua ci crescono peli, le unghie e le ossa, bisognerà dedurre che nel pane e nell'acqua c'erano i semi delle ossa, delle unghie e dei peli.

 

  • Inizialmente egli diceva che tutto era uno e che quindi i semi erano confusi tutti assieme, successivamente avvenne il processo di differenziazione e separazione degli elementi, per cui la realtà è diventata ciò che è oggi, molteplice e variegata. 
 
  • Bisogna considerare anche che in tutte le cose permane una base comune e unitaria, costituita da infiniti elementi invisibili.

Anassagora 
  • Nato ad Atene
  • Primo scienziato del tempo: Credeva che il sole non fosse una divinità ma una semplice massa infuocata.
  • Fu cacciato dalla città e morì in esilio.

  • Anassagora trattava gli elementi non come forze divine ma come effetti di cause naturali.


  • Per quanto riguarda la cosmologia, Anassagora mostra di avere una percezione della dimensione e della configurazione dell'universo migliore di quella dei suoi predecessori.
 
  •   Diceva che il sole ci appare piccolo solamente perché  è lontano ma in realtà è più grande del Peloponneso. E inoltre diceva che girava intorno alla terra.

  • sosteneva anche che la Luna era più piccola del Sole ma che ci appariva più grande poiché più vicina al nostro pianeta

  •  Affermava che tutti i corpi celesti sono della stessa natura della Terra e che la Luna, come questa fosse attraversata da pianure e valli.






Empedocle

Tra i precursori del nuovo approccio di carattere scientifico, nel V secolo a.C., dobbiamo annoverare innanzitutto Empedocle di Agrigento, che era poeta, medico, taumaturgo e mago.

Nel poema "Sulla natura" Empedocle descrive la nascita dell'universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata, lo sfero, in cui si mescolano e confondono il fuoco, l'acqua, la terra e l'aria. Che rappresentano le quattro radici (i quattro elementi primordiali)


lunedì 27 novembre 2017

Zenone

Zenone fu un fedele discepolo di Parmenide
Egli cercò di dimostrare a chiunque si fosse distaccato dall'insegnamento del maestro sarebbe caduto in una serie di insanabili contraddizioni logiche.

Parmenide sosteneva due tesi:

  1. L'essere è uno 
  2. L'essere è immutabile 
Zenone confutava, con la sua arte dialettica, coloro che affermavano 
  1. La pluralità dell'essere e delle cose (pitagorici) 
  2. Il movimento (Eraclito)
Si possono ricondurre tutti i suoi argomenti alla seguente affermazione: se si ammette che la realtà è mutevole e molteplice si cade nell'assurdo
 
 

I paradossi di Zenone

Ci sono stati tramandati attraverso la citazione che ne fa Aristotele nella sua Fisica. Zenone di Elea, discepolo ed amico di Parmenide, per sostenere l'idea del maestro, che la realtà è costituita da un Essere unico e immutabile, propose alcuni paradossi che dimostrano, secondo questi, l'impossibilità della molteplicità e del moto, nonostante le apparenze della vita quotidiana.


Il Paradosso di Achille e la tartaruga

Uno dei paradossi di Zenone più famosi - afferma che se Achille venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio; quando poi Achille raggiungerà quella posizione nuovamente la tartaruga sarà avanzata precedendolo ancora. Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga pur riducendosi verso l'infinitamente piccolo non arriverà mai ad essere pari a zero.

sabato 21 ottobre 2017

Parmenide e il pensiero dell'essere

Secondo Parmenide, al di sotto del mutevole volto dell'universo attestato dai sensi vi è una realtà immobile e immodificabile, eterna e una, che egli denomina "essere".
Per il filosofo, l'essere è; il non essere non è e non può neanche essere pensato. Tutto ciò che si può dire e pensare deve infatti esistere. Parmenide procede, quindi, a una deduzione rigorosa dei caratteri fondamentali dell'essere.
Eraclito e l'esperienza del divenire

La riflessione di Eraclito, vissuto nella città di Efeso tra il VI e il V secolo a.C. può essere ricondotta alla tradizione cosmologica della scuola di Mileto, anche se egli negava di aver avuto maestri diretti e affermava con orgoglio di aver conquistato da sé la propria sapienza.

La sua riflessione si può sintetizzare nei seguenti nuclei tematici:
  • il flusso universale
  • il logos e la legge dei contrari

Il flusso universale

Per Eraclito nel mondo non c'è nulla che sia in uno stato di quiete: tutto è costantemente in movimento. Tale condizione riguarda anche l'uomo. Secondo eraclito non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume, non solo perché le acque si rinnovano costantemente, ma anche perché la nostra identità personale è qualcosa di sempre cangiante: "tutto scorre" (panta rei).
La sostanza che per Eraclito meglio simboleggiava l'universo in continuo mutamento era il fuoco, elemento mutevole e distruttore per eccellenza. Il fuoco è soprattutto il simbolo della legge segreta che regna al di sotto dell'apparente disordine dell'universo.

Il logos e la legge dei contrari

Il movimento che possiamo osservare nell'universo si presenta come conflitto incessante tra elementi contrari: il bene e il male, l'amore e l'odio..
Tali elementi si alternano continuamente in uno scontro perpetuo, ma si presentano allo stesso tempo come inscindibili e complementari.
Per Eraclito tale interdipendenza e inscindibilità dei contrari è la legge fondamentale dell'universo e proprio per sottolinearne l'intrinseca razionalità egli la indica con il termine logos. 
Pitagora e la fondazione della scuola di Crotone

Pitagora si stabilì a Crotone, dove fondò una nuova scuola filosofica, la Fratellanza Pitagorica, un'associazione politico-religiosa di carattere aristocratico, molto diversa dalla scuola di Mileto, soprattutto per la sua atmosfera quasi sacrale.

Molti caratteri della scuola pitagorica fanno pensare a una setta religiosa, in cui venivano seguite regole ascetiche ed era praticata la comunione dei beni. I discepoli si differenziavano in acusmatici o ascoltatori, ai quali era imposto il silenzio, e i matematici, i quali potevano fare domande ed esprimere opinioni personali, e gli venivano rilevate le dottrine più impegnative dal maestro.

Le dottrine fondamentali dei pitagorici riguardano essenzialmente due argomenti:
  • la dottrina dell'anima
  • la dottrina del numero
Il destino dell'anima e la ricerca della purificazione

Pitagora era mosso dal desiderio di tracciare una via di purificazione per l'anima, concepita come un principio divino e immortale imprigionato nel corpo per una colpa originaria. Si tratta di una dottrina ripresa dall'orfismo, sorto verso il VI secolo a.C. Gli orfici ritenevano che dopo la morte l'anima fosse destinata a reincarnarsi fino all'espiazione delle proprie colpe.
La ricerca di Pitagora si concentra nello studio dei mezzi per ottenere la liberazione dell'anima dalla vita materiale; tali mezzi sono da lui individuati in una prassi di vita ascetica, che implica l'obbedienza a precetti molto severi (come astenersi dai rapporti sessuali o da alcuni cibi, sottoporsi a riti di espiazione e abluzioni corporali)


La dottrina del numero

Se contempliamo la volta celeste non possiamo fare a meno di restare ammirati dal moto regolare e ordinato degli astri, governato dalla legge del numero. Lo stesso si dica per le melodie musicali, così come per il succedersi delle stagioni, dei mesi e dei giorni.

E sulla base di queste osservazioni che i pitagorici affermano che la vera sostanza delle cose non risiede nell'acqua o nell'aria ma nel numero.


Il numero come principio costitutivo della realtà

Per i Greci il numero non era qualcosa di astratto, ma aveva caratteristiche fisiche e geometriche. I pitagorici rappresentavano l'unità con un punto dotato di estensione spaziale. Un numero era contemporaneamente una figura geometrica e una figura geometrica corrispondeva a un numero.

Sulla base di questo presupposto, il matematico pitagorico Filolao mostrò come dall'unità-punto si possono generare gli altri  numeri e tutti i corpi fisici, secondo il seguente modello:



 

 
Se il numero è la sostanza delle cose per capire i rapporti tra di esse dobbiamo fare riferimento ai rapporti tra numeri, poiché si dividono in pari e dispari.
 
Ne consegue una concezione dualistica dell'universo: da un lato vi è il dispari, un'entità limitata, simbolo della perfezione, del bene e della forma, perché solo cioè che è limitato permette la misurazione. Dall'altra vi è il pari, un'entità illimitata, simbolo di imperfezione, disordine e caos.
 
 
Il 10 è il numero perfetto: raffigurato come un triangolo che ha come lati il 4, esso contiene sia numeri pari che dispari. Su di esso (la sacra figura della tetractys) i pitagorici erano soliti prestare il loro giuramento di fedeltà all'associazione.



 
 
 
 
 
La scuola pitagorica 
 

lunedì 2 ottobre 2017

Anassimene: l'aria come principio delle cose

Anassimene visse tra il 586 e il 525 a.C. a Mileto dove si occupò di ricerche naturalistiche.
Egli identificò il principio con l'aria o "respiro", paragonando la vita dell'universo alla vita dell'uomo
"Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero"

Anche egli attribuisce al principio i caratteri dell'infinità e del movimento incessantel'anima è la forza che anima il mondo e il principio di ogni suo mutamento. 

La trasformazione e generazione delle cose avviene attraverso la condensazione dell'aria.

Quando l'aria comincia a rarefarsi diventa fuoco; quando si condensa diventa progressivamente vento, nuvola, acqua, terra e pietra.

L'universo che si costituisce grazie a questo processo è destinato a dissolversi nel principio originario per poi tornare a rigenerarsi da esso, in un ciclo di vita, morte e rinascita destinato a durare in eterno.

sabato 30 settembre 2017

Anassimandro: l'àpeiron come fondamento reale
 
Anassimandro nacque a Mileto intorno al 610 a.C. Fu discepolo di Talete e prese parte alla vita politica, ma il suo interesse prevalente erano le ricerche naturalistiche e tecniche.

Anassimandro è considerato l'autore di un'opera intitolata "Sulla natura" - di cui possediamo solo alcuni frammenti in cui sviluppa la teoria dell'ápeiron, parola che significa "senza confini", "sconfinato", e della costituzione del mondo.

 Anassimandro abbandona l'idea che all'origine possa esserci un elemento specifico e dà un'interpretazione complessiva della realtà.

Anassimandro ritiene che il modo in cui le cose derivano dalla sostanza primordiale sia un processo di separazione e differenziazione governato da una legge necessaria, chiamata in modo tradizionale Dike (la Giustizia).  

Secondo Anassimandro la separazione avviene attraverso un movimento rotatorio, in virtù del quale caldo e freddo, secco e umido, e tutti gli altri contrari si sviluppano.

Tramite questa separazione si generano infiniti mondi, destinati a dissolversi e a ricomporsi, secondo un ciclo che ha una durata eterna.
La separazione, pur essendo alla base della vita, è allo stesso tempo fonte di infelicità, in quanto gli individui mantengono una nostalgia per il "tutto originario" da cui derivano.
Talete: l'acqua come principio originario

Talete visse, tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo a.C., nella città ionica di Mileto.

Egli pensava che il principio primordiale fosse l'acqua, sulla base dell'osservazione e dal buon senso che mostrano come ogni cosa vivente sia composta da questa sostanza.

Probabilmente l'esperienza originaria dell'acqua a cui Talete fa riferimento è quella del parto, dato che il neonato viene alla luce "rompendo le acque" che lo hanno accolto per nove mesi.

venerdì 15 settembre 2017

La prima riflessione filosofica


La prima riflessione filosofica si sviluppa nella Ionia intorno al VII-VI a.C.

Coloro che inaugurarono questo nuovo stile di pensiero sono Talete, Anassimandro e Anassimene. Le poche informazioni che ci sono state trasmesse si trovano nei testi di autori successivi come Platone, Aristotele o lo scrittore e storico Diogene Laerzio. Possiamo affermare che i filosofi possedevano alcune fondamentali conoscenze di carattere tecnico-scientifico, ricevute dai sapienti della Media e della Babilonia.

Si tramanda che Talete abbia previsto con largo anticipo delle eclissi e che Anassimandro abbia inventato la prima carta geografica e importato in Grecia le conoscenze tecniche per costruire l'orologio solare.

A loro va soprattutto il merito di essersi interrogati per primi sulla natura multiforme e mutevole del mondo e di aver individuato una causa, un principio originario (in greco archè) da cui tutte le cose derivano.

 L'archè rappresenta sia la materia di cui sono fatte le cose, sia la forza che le ha generate, sia la legge divina ed eterna che la governa e le rende intelligibili all'uomo.
 La parola greca archè significa "principio". Sembra che sia stato introdotto in filosofia da Anassimandro.

venerdì 8 settembre 2017

La nascita della filosofia 

Gli studiosi concordano nel dire che la prima forma di riflessione filosofica si è sviluppata nei secoli VII-VI a.C. in Grecia.

La novità assoluta della filosofia è costituita dal metodo, in virtù del quale si riconoscono come validi soltanto gli argomenti che "reggono" alla prova della razionalità umana.

Inoltre l'atteggiamento filosofico si specifica fin dall'inizio come atto di libertà rispetto alle credenze, agli usi e ai costumi della tradizione: l'unica autorità che i filosofi riconoscono è la forza del pensiero.

Il significato del termine

Il termine "filosofia", di origine greca, significa letteralmente "amore per la sapienza"; un amore che nasce dallo spontaneo senso di meraviglia suscitato negli uomini dalla grande varietà e bellezza delle cose.

Il pensatore greco affermava che tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza, in quanto l'impulso a chiedersi il perché di tutte le cose è tipico degli essere umani.
 In base all'etimologia, dunque, il filosofo non possiede la sapienza, ma la cerca.


Le condizioni per la nascita della filosofia


La riflessione filosofica si sviluppò nelle colonie greche della Ionia in Asia Minore, in particolare nelle fiorenti città di Mileto, Efeso, Colofone, Samo.
In questi centri si respirava un'atmosfera di libertà e di vivacità intellettuale sconosciuta altrove. In questo contesto stava emergendo una nuova classe di cittadini che cercavano di mettere in discussione il predominio delle vecchie aristocrazie agrarie per affermare un sistema politico adeguato ai propri bisogni. 

E' questa la prima forma di democrazia di cui abbiamo notizia nel mondo antico, una democrazia che si deve intendere più propriamente come richiesta di isonomia (uguaglianza di fronte alla legge).

Le modalità della ricerca filosofica nella Grecia arcaica

In Grecia non incontriamo quasi mai figure di filosofi che si dedicano alla ricerca in modo isolato.

Al contrario, ci imbattiamo principalmente in scuole filosofiche, cioè gruppi di uomini che conducevano una vita comune, in una forte solidarietà di pensiero e di azione.

In alcuni casi queste comunità avevano anche un'impronta di carattere religioso, come la scuola pitagorica.


Le scuole filosofiche
  • gli ionici, originari della città ionica di Mileto: Talete, Anassimandro e Anassimene
  • i pitagorici, che fondarono una scuola a Crotone, da cui si diffusero in molte città greche dell'Italia meridionale : Pitagora e la comunità dei suoi allievi
  • gli eraclitei, che operarono nella città ionica di Efeso: Eraclito e i suoi discepoli
  • gli eleati, il cui esponente piu importatnte è Parmenide, che fondò la sua scuola nella città di Elea, colonia greca situata a sud di Paestum in Campania
  • i fisici pluralisti, rappesentati da tre grandi pensatori: Empedocle di Agrigento, Anassagora di Clazomene e Democrito della città di Abdera


La logica Aristotelica Insoddisfatto del “dialogo” usato come sistema di filosofare dal suo maestro Platone, Aristotele osserva che nel di...